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 La Beatificazione

di Giovanni  Paolo II

Un  Settefratese

a Roma

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a mia cagnetta Margot  mi guarda  perplessa. Non capisce il motivo per cui, nel cuore della notte, mi accingo ad uscire di casa. Da giovane, diverse volte, partivo di notte insieme ad amici per poter vedere sorgere il sole sul monte Meta. Quando non c’era foschia era uno spettacolo superbo: si poteva vedere il mar Tirreno e il mare  Adriatico . Questa mattina , invece, vado a vedere  sorgere un nuovo  sole nei cieli di Roma e della Cristianità. L’ afflusso di pellegrini per assistere alla Beatificazione di Giovanni Paolo II è notevole. Alle tre di notte una folla preme alle porte chiuse della metropolitana. È un tumulto  di cori, voci che si rincorrono, si cercano. Bandiere di diverse  nazionalità  affettano  la penombra  della  periferia  romana. Alle quattro, i primi convogli ci portano dall’altra parte della città. Appena risaliti dalle viscere della terra, veniamo travolti da un fiume in piena di pellegrini che si dirigono verso San Pietro. Ma il calvario è solo all’inizio. Tutti i varchi sono chiusi e veniamo dirottati verso l’unico aperto. Passano le ore. Stipato  non cammino, vengo trasportato dalla folla e non riesco nemmeno a tirar fuori dal tascapane la mia macchina fotografica. Diverse persone svengono,  ma non riescono a cadere per terra, alcune ragazze che debbono andare in bagno, piangono gridando inutilmente  la loro impellenza. A dispetto dello striscione che sventola sulla facciata di un palazzo con la scritta  “APRITE, SPALANCATE LE PORTE A CRISTO”, tutto è chiuso e sbarrato. Mi sono tornati alla mente quei morti calpestati dalla folla alla Mecca, agli stadi, ai concerti di orchetti metallari. La disorganizzazione è totale. Le vie di fuga sono lontane e nessuno della Organizzazione si addentra nel cuore della calca. Dall’alto delle postazioni radiotelevisive, qualcuno ci fa segno di calmarci mentre elicotteri a bassa quota passano sulla folla. Una scena da “Apocalypse now “. In fondo alla via che porta in piazza un semaforo inutilmente si accende verde centinaia di volte. Verso le nove , dopo aver insistentemente ed inutilmente partecipato ad un coro da stadio “ Aprite, Aprite” , la folla sfonda le transenne e dilaga in piazza San Pietro. Stanco e spossato mi siedo per terra. Finalmente un metro quadrato di piazza è mio e mi sembra una règia. Mangio una focaccia ormai ridotta in briciole e mi alzo solo quando un’acclamazione roboante, da Domenica delle Palme , mi segnala che Sua Santità Benedetto XVI  è entrato  in piazza. La funzione si svolge lenta e maestosa accompagnata dalla superba musica  e direzione  del maestro  Marco  Frisina  e finisce verso le due. È un tripudio di canti e bandiere sotto un cielo pieno di sole e di azzurro.

La folla defluisce lentamente. Trovo uno scalino, all’ombra di due bagni chimici, e mangio avidamente un panino con un’aranciata tiepida. Il disagio è stato tanto ma nel cuore regna la gioia e la segreta soddisfazione  di aver ricambiato, come settefratese , la visita che  Lolek , (gli amici affettuosamente lo chiamavano così il Papa) ha fatto alla mia terra di Settefrati. Sono certo che il nuovo Beato si ricorderà di noi, del Popolo Settefratese che vive alle pendici del monte Meta e della Madonna di Canneto Nera come la sua di Czestochowa.

 

Settefrati  8 maggio 2011

Aldo Venturini