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Prof. Gaetano Venturini - Da "Il Giornale d’Italia" del 18 gennaio 1938

Piacevolezza dell’inverno-

Santita` della fatica olearia.

 

 

SETTEFRATI, gennaio 1938- E` ancora Virgilio, il grande mago della terra nera, a bisbigliarmi nell’orecchio e nel cuore:"Viene l’inverno... si spreme l’oliva nei trappeti". Ed e` incanto suo particolare creare con queste brevi parole una visione piena di tepore, tutto un vasto silenzio, una quiete suggestiva da "Opere e giorni". Nessuna meraviglia, poiche` nelle parole semplici ma tanto trasognate di Virgilio georgico s’esprime l’eterna vicenda della vita universa. E l’olio, il grano, il vino non sono forse i compagni della nostra ora terrestre, gli orologi precisi, infallibili che ci fanno accorti annualmente del nostro passare nel tempo perenne?

 

Nel cerchio grigio degli olivi.

 

Quando il tempo dei geli mette come una stasi nei campi che covano amorosamente la semenza del grano, quando agricoltori e buoi hanno un po’ di riposo, e` il tempo allora di cogliere le olive. Il una chiarita` mite di sole, nuvoli di contadinelle dagli occhi accesi e dai capelli al vento salgono allora sugli olivi pazienti che cingono di un abbraccio di pace e d’amore le cento case color del tempo del mio paese . Giunge un brusio di foglie smosse , qualche frase breve, qualcche fresca risata. I vecchi olivi son divenuti galanti adesso e per un fenomeno di mimetismo birbone avvolgono e nasdcondono quei frutti acerbi di carne. Ma ora che lassu` le nevi delle montagne si son fatte di rosa al commiato del sole, si alzano da questi olivi ondate di canto che vanno a fermare le ombre incombenti. Fanciulle sugli olivi: stornelli appassionati  d’amore. Certo, una volta l’anno, queste ragazze un po’ selvatiche distolgono quei vecchioni degli olivi dalla loro gravita` pensosa e li travolgono nel cerchio spensierato delle loro canzoni, frementi di giovinezza e di panica gioia. Come sono cari questi " fratelli olivi , che fan di sdantita` pallidi i clivi e sorridenti!". Sempre in fremito-un riso d’argento- si placano a sera e accolgono umili e dolci le squille dell’avemaria. E le portano nel regno di sotterra come un conforto alle radici che travagliano nel buio. Compagni delle rocce solitarie salgono, salgono sempre , eternamente [........] portano alle zone immiti della montagna come un messaggio di pace dalla dolcezza del piano. Risussurrano forse le serene calme del mare di Versilia? E non sono incanutiti anzitempo dallo sgomento , essi che in Grecia udirono abbrividendo i cori gonfi di destino delle tragedie di Eschilo e di Sofocle che ancora sbigottiscono le generazioni? In una domenica di sole servirono all’osanna caduco di una gente che si strinse intorno al Nazzareno e poi lo crocifisse. Ma furono piu’ veri quando s’avvicinarono all’umana angoscia di Gesu` nella veglia tragica di Getsemani. A me poi par bello che l’olivo che sa l’amarezza

della lotta sorrida sempre, sia sempre verde. Quanta tenerezza in questo olivo, benedizione soave dei campi spogli , olivo nel crescere tardo , che va per secoli.

 

Tra luce e ombra di un ridotto invernale

 

Tra gli incantesimi dell’inverno che Virgilio chiama geniale cioe` piacevole, delizioso, io pongo la pace e il senso di riposata fatica che emana dagli antichi trappeti, soppiantati ora da quelli cigolanti e veloci ad elettricita`. Parlero` ora di quei pochi superstiti , rimasti nei borghi . Entro nel mio trappeto. Una mula gira faticosamente la macina del frantoio. Mi prende un pochino di compassione per essa, ma poi mi sollevo al pensiero che Plauto, la grande risata del popolo latino, dovette anch’egli girare la macina e che fu appunto la pena di quella fatica brutale a fargli sgorgare anziche` pianto una vena immortale di riso. Procedo: sono nella camera dei torchi : un po’ oscura questa. Si aggirano attorno ai fiscoli lacrimosi di olio , ombre silenziose dagli occhi lucenti . Sono i pochi lavoranti. Sul focolare e` il grande caldaione con l’acqua bollente che aiutera` l’olio a staccarsi dal legno dei noccioli delle olive. Le fiamme roggie che fanno corona mi paiono proprio quelle dell’inferno del catechismo. Il loro guizzare ininterrotto e` come l’impulso di una vita capricciosa che si sguinzagli in tutte le direzioni sconcertando le ombre di questo torpore tranquillo . Tanti piccoli scheletri rosso-neri: sono panchetti di antica noce , messi li accanto perche` ci si possa sedere , su cui si riverbera il rosso della vampa. Un quadro in atto di pittori fiamminghi ; ombre e luci. L’olio scivola dalla bocca del torchio e s’illumina di una raggera d’oro di luce. Olio che fara’ ridere i piu squallidi focolari , ambrato. Passera` con riflessi di bonta` su tutte le mense. Il trappeto in paese costituisce un ridotto , il ritrovo preferito durante l’inverno. Ci vengono i vecchietti a fumare in pace la pipa, al caldo, innanzi alla fiamma. Ci vengono gli intellettuali e le notabilita` del paese a bere il vino buono e rizzante e a sgranocchiare qualcosa , novellando, mentre fuori bubbola la tempesta e abbaiano i cani . Ci vengono i monelli del mio paese a fare a nascondarello e vi portano quell’animazione gioiosa che essi solo posseggono per dono divino. Qualcuno d’essi piu` piccino, poco vestito, entra sotto la cappa del camino a scaldarsi e sorride soddisfatto. I lavoranti di tanto in tanto lasciano la loro fatica e seggono accanto al fuoco e raccontano . Io mi ricordo di averli uditi sempre narrare della grande guerra a cui parteciparono. Gli par bello forse per contrasto in tanta pace , mentre fuori zufola il vento, parlare di guerra. I bambini e i ragazzi zittiscono di colpo e pendono dalle loro labbra perche` essi arricchiscono la loro cultura scolastica coi conversari uditi al sole in piqzza dagli "omini savi" e con narrazioni

invernali.

 

Una canzone giuliva

 

Qui dentro per certo si compie quasio un rito. Tutto si svolge con un ritmo pacato, lento, antico. Quanta felicita` ti riempie il cuore accanto alla bonta’ di queste antiche cose , accanto a queste pile di pietra cosi` dimesse e salde . Santita` e infinita dolcezza di cose immutabili che ci strappa alla pena a volte scottante di noi stessi e ci accarezza d’oblio.

Ora sono uscito fuori e mi allontano. Scende intanto lentamente la neve come bianco velo che tutto ricopre. Mi giunge smorzata , in po’ distante la canzone giuliva dei torchi, lo scricchiolare della ttrave della macina. La fumata del camino , pregna del buon odore dell’olio, si libra nella candida notte. Echi e profumi di una antica fatica che attraversa uomini e tempi cose buone della csa paterna che colorano di un sorriso pio questa incantevole fatica della mia vita!

 

Gaetano Venturini