Dante e il Purgatorio di Corrado Gizzi- Editore Ianieri

Home Proponiamo di seguito un capitolo - Il Purgatorio - dell'opera dello studioso Corrado Gizzi " Dante e il Purgatorio - Edizioni Ianieri - 2007".  Il capitolo tratteggia la storia della definizione del Purgatorio, nel Medioevo, evidenziando il contributo del monaco benedettino Alberico da Settefrati, alla cui opera - La Visione di Alberico - ha dedicato uno studio la professoressa Maria Cedrone Mazzenga. L'opera del nostro monaco, che e' stato indicato come una delle possibili fonti di ispirazione di Dante per la sua Commedia,  emerge secondo studi recenti come importante per la storia della definizione della teologia del Purgatorio, il regno dell'oltretomba che solo nel medioevo trovo'  la sua definizione nella Cristianita', anche se vi sono solide fondamenta scritturali nel libro dei Maccabei e nel Vangelo di  Matteo, oltre che in tutta la tradizione della Chiesa che da sempre ha invitato a pregare in suffragio delle anime dei morti, implicitamente dando per scontata l'esistenza appunto del Purgatorio stante l'inutilita' dei suffragi per le anime che sono in Paradiso e per quelle che sono all'Inferno. L'articolo che segue aggiunge un tassello importante alla conoscenza dell'opera di Alberico e sicuramente vi sono e vi saranno lettori interessati. Ringraziamo la professoressa Cedrone M. Antonietta che ha mandato copia dello scritto che segue,  che prima fra i settefratesi ha studiato Alberico, e la cui opera e` gia` e rimarra' un punto di riferimento per tutti gli studiosi di Alberico. 16-4-2008

 

Il Purgatorio

Nella teologia cattolica il Purgatorio (da purgare = purificare) è il luogo o lo stalo di pena ove le anime dei giusti, non completamente purificate) completano l'espiazione delle loro colpe, prima di salire in Paradiso.

Generalmente l'oltretomba era diviso in due parti e solo nell'XI secolo prende forma una terza parte, che poi diverrà il Purgatorio.

La dottrina del Purgatorio ha origini lontane e ha le sue fondamenta nell'Antico e nel Nuovo Testamento. Nell'Antico Testamento Giuda Maccabeo manda a Gerusalemme 2000 dracme d'argento, perché si offra un sacrificio per i soldati morti in battaglia, resisi colpevoli di idolatria, indossando sotto le vesti idoli di Jamnia. Nel Nuovo Testamento, Matteo (12, 31-32), riferendosi al peccato contro lo Spitito Santo, afferma che chi "pronuncia una bestemmia contro lo Spirilo Santo, non gli sarà perdonata né in questo secolo né in quello futuro". Da ciò si deduce, come afferma S. Gregorio Magno nei suoi Dialoghi (11, 39), che alcune colpe possono essere rimesse in vita e altre, dopo morte. La Chiesa perciò ha sempre offerto suffragi per i defunti. Già prima deWEditto di tolleranza promulga­to a Milano nel 313 d.C. da Costantino e Licinio, con cui si concedeva ai cristiani la libertà di culto, si innalzavano preghiere in suffragio dei defunti.

All'inizio del IH secolo, infatti, il carta­ginese Tertulliano (160-230?), apologeta e coltissimo scrittore cristiano, afferma­va che con le preghiere si poteva recare refrigerio ai defunti che devono anco­ra espiare i peccati non gravi commessi dopo il battesimo, dando loro la possibilità di raggiungere, nel giorno del Giudizio, i martiri saliti direttamente in Paradiso (De anima, 55; 58). Dello stesso parere è Cipriano, anch'egli di Cartagine. Crealo vescovo della stessa città nel 248, subì il martirio nel 258, nella persecuzione di Valeriano. Egli sostiene che nel penitente, anche dopo la confessione, rimane un re­sto di pena, se prima dell'assoluzione non c'è stato un adeguato pentimento.Tale rea­to, sarà espiato nell'aldilà (.Epistola, 52).

Tale tesi non è condivisa dal genio me­raviglioso e dal lavoratore instancabile Origene, nativo di Alessandria (185-253), e dai suoi seguaci. Fecondissimo scrittore, oltre a restaurare il testo dei Settanta e a commentare quasi tutta la Bibbia, affrontò i massimi problemi della teolo­gia cristiana: la Trinità di Dio, l'Incarnazione e il problema del male nel mondo. Secondo la sua dottrina dell'ipocatastasi, vi sarà una catarsi finale, in cui Dio, nel suo infinito amore, salverà l'intera uma­nità (Epistola, 456/457, 468).

Agostino (354-430) fa una distinzione tra "fuoco correttorio", che purifica le

che una 'Visione d'oltretomba' di un cer­to Alberico di Settefrati". (E. Marighetlo, Santa Maria in Piano. Visione dell'Oltre­tomba. Poligrafica Mancini, 2001).

Nell'affresco il Purgatorio è simboli­camente rappresentato dal "Ponte del Capello", posto sopra il fiume di pece bollente che esce dall'Inferno. Il ponte è attraversato con facilità dai giusti. Quelli con peccati non gravi, arrivati nel mezzo, sottile come un capello, perdono l'equilì­brio e cadono nel fiume. Tornati a galla ritentano la prova, fino a quando, purifi­cati, hanno libero passaggio sul ponte.

Momentaneamente però devono aspet­tare nel "Circuito del Paradiso", un im­menso campo di delizie dove, passando per diversi gradoni, continuano a purifi­carsi e dove dovranno attendere il Giudizio Universale per entrare in Paradiso.

IL PURGATORIO O POZZO DI SAN PATRIZIO

È una caverna in un'isola del Lough Derg (luogo della caverna) nell'Uster (Irlanda). Secondo la leggenda, fu indicata in una visione a S. Patrizio, il quale non sapeva come dissipare l'incredulità di alcuni suoi catecumeni sulla realtà delle pene del Purgatorio. Il santo, inollrandovisi, potè visitare l'aldilà, con cui la caverna era in comunicazione. La sua esperienza è og­getto del Purgatorio di S. Patrizio, che in realta è opera del monaco inglese Enrico di Saltrey e risale alla fine del XII secolo.

La grotta, divenuta meta di pellegrini, fu murata nel 1497 per ordine del papa Alessandro VI.

Sul luogo sorge oggi una chiesa con lo stesso nome.

Nella sua fede sul Purgatorio la Chiesa si basa sull'insegnamento dei Padri, so­prattutto di Sant'Agostino, e sui decreti dei Concili e in particolare del II Concilio di Lione (1274), del Concilio di Firenze ( 1439) e del Concilio di Trento ( 1563). che ne riconferma l'esistenza, contro la nega­zione protestante.

La Chiesa cattolica tuttavia non preci­sa nulla sulla durata e sulla materia della

pena del Purgatorio. Insiste invece sulla possibilità che hanno i vivi di aiutare le anime purganti con preghiere.

Altrettanta possibilità hanno le anime del Purgatorio di pregare per i vivi.

Le chiese ortodosse non sono concordi sull'esistenza del Purgatorio e i protestan­ti generalmente la rifiutano.

IL PURGATORIO DI DANTE

Dante crede nella tripartizione dell'ol­tretomba e descrive il Purgatorio come una montagna che si erge su un'iso­la dell'oceano australe, agli antipodi di Gerusalemme, a circa 32° di latitudine sud e a 90° ad ovest di Gades. Come il baratro infernale, essa ebbe origine dopo la caduta di Lucifero: una imponente co­lonna di terra, la cui lunghezza è pari al raggio terrestre, per sfuggire al contatto dell'angelo ribelle, si ritrasse e cadde a spirale su se stessa.

Il poeta vi giunse con Virgilio poco pri­ma dell'alba del 10 aprile 1300, domenica di Pasqua.

L'alba vinceva l'ora mattutina che /uggia innanzi, sì che di lontano conobbi il tremolar de la marina.

(Purg. I, 115-117)

Vi rimase tre giorni e mezzo, cioè fino a mezzogiorno di mercoledì di Pasqua, 13 aprile, allorché con Beatrice vola in Paradiso.

Fatto avea di là mane e di qua sera tal foce, e quasi tutto era là bianco quello emisfero, e l'altra parte nera,

quando Beatrice in sul sinistro fianco vidi rivolta a riguardar nel sole: aguglia sì non li s'affisse unquanco. (Purg. I, 43-48)

Dopo la discesa nell'Inferno, regno delle tenebre, inizia l'ascesa al mistico monte della purificazione, in un clima di dol­ce serenità e in un'atmosfera luminosa, chiara e trasparente, preannunziata dal "dolce color d'orientai zaffiro".

Paolo

Dolce color d'orientai zaffiro, che s'accoglieva nel sereno aspetto nel mezzo, puro infino al primo giro,

a li occhi miei ricominciò diletto, tosto ch'io usci' fuor de l'aura morta che m'avea contristati li occhi e 7petto. (Purg. I, 13-18)

Un'aria di dolcezza malinconica, di soa­vità, di attesa e di soffusa e accorata no­stalgia si respira in tulio il nuovo regno.

Era già l'ora che volge il disio ai navicanti e intenerisce il core (Purg. Vili, 1-2)

Le anime che vi si incontrano, rassere­nate e ansiose di purità e di pace, sono avvolte da un'atmosfera di sogno. 1 loro gesti sono temperati e trasognate le loro parole. Esse piangono pietosamente:

e io attento a l'ombre, ch'i'sentia pietosamente piangere e lagnarsi; (Purg. XX, 17-18)

Innalzano al cielo lodi con devozione:

però sentisti il tremoto e li pii spiriti per lo monte render lode a quel Segnor, che tosto su li 'nvii (Purg. XXI, 70-72)

Cantano e piangono insieme, sì che chi li ascolta non può che provare "doglia e diletto".

Ed ecco piangere e cantar s'udìe «Labìa mèa, Domine» per modo tal, che diletto e doglia parturìe. (Purg. XXIII, 10-12)

Soffrono con rassegnazione perché le loro pene sono dalla giustizia e dalla spe­ranza della futura beatitudine rese meno dure.

O eletti di Dio, li cui soffri ri e giustizia e speranza fa men duri, (Purg. XIX, 76-77)

Le loro pene, anzi, sono care perché pervase di dolcezza.

a ber lo dolce assenzo d'i martìri (Purg. XXIII, 86)

Raccolte da un Angelo in una barca, là "dove l'acqua di Tevero s'insala", le ani­me dei trapassati, destinati al Purgato­rio, vengono condotte sulla riva dal sacro monte, ove le riceve Catone, custode della montagna.

Come l'Inferno, anche il Purgatorio è diviso in 9 parli: l'Antipurgatorio, i 7 gi­roni o balzi o cornici, che costituiscono il Purgatorio vero e proprio, e il Paradiso terrestre.

Nell'Antipurgatorio, "la costa ove s'aspet­ta", sono in attesa del momento di inizia­re la loro purificazione i negligenti, divi­si in 4 schiere: i negligenli scomunicati, morti interiormente pentiti (Manfredi); i negligenti pentiti in punto di morte (Be-lacqua); i negligenti morti violentemente (Buonconte da Montefeltro, Pia dei Tolo-mei); i negligenti principi, che tardarono a pentirsi perché troppo attaccati alla glo­ria mondana e attendono a parte in una Valletta Fiorita (Nino Visconti, Corrado Malaspina).

Il Purgatorio vero e proprio è diviso in 7 gironi, ove sono puniti i 7 vizi capitali, la cui disposizione è inversa a quella del­l'Inferno; andando dal più al meno grave: Superbia, Invidia, Ira, Accidia, Avarizia, Gola, Lussuria.

L'ordinamento morale del Purgatorio, derivato soprattutto dalla Summa di San

Tommaso, è descritto nel canto XVII e viene esposto da Virgilio.

L'amore può essere negli uomini "se­mente... d'ogni virtude, o d'ogni operazio­ne che merta pena".

Esso pecca "per malo abietto" allorché cerca il proprio bene nel male degli altri, come appunto fanno i superbi, gli invidio­si e gli iracondi; quando inline "con più cura... che non dee" aspira ai beni terreni e materiali, come fanno gli avari e i pro­dighi, i golosi e i lussuriosi, l'amore pecca "per troppo... di vigore".

Il Paradiso terrestre, posto sulla cima del monte, gode di una perpetua primave­ra e simboleggia la vita terrena che l'uo­mo potrebbe condurre, se la Monarchia e la Chiesa operassero ognuna nel proprio campo, secondo il volere di Dio.

In ogni girone le anime, oltre alla pena alla quale sono condannate, devono me­ditare sugli esempi del vizio punito e su quelli della virtù opposta premiata.

I superbi, per esempio, oltre a portare sulle spalle un gran masso e a recitare il "Pater noster", devono meditare sugli esempi di superbia punita e su quelli di umiltà premiata.

Nel primo girone dei superbi, i penitenti avanzano curvi sotto gravi massi e somi­gliano alle cariatidi che vengono raffigu­rate nell'atto di reggere qualcosa, in po­sizione di sforzo. I peccatori sono più o meno piegati a seconda del peso che por­tano e questo è in relazione alla gravità del peccato; alcuni sembrano all'estremo della sopportazione. Sul pavimento del girone sono istoriati, intagliati sulla pie­tra, 13 esempi di superbia punita: 6 da un lato e 6 dall'altro della via; più una che sembra riassumere e concludere la serie. Sul marmo bianco dello zoccolo invece, in bellissimi altorilievi, sono raffigurati 3 esempi di umiltà premiata.

Nel secondo girone degli invidiosi non ci sono né figure né intagli. Tutto il giro­ne è di pietra grigia e uniforme e non vi si vede un'anima. Ma dopo che Dante e Virgilio hanno fatto circa un miglio, odo­no misteriose voci che passano per l'aria e gridano 3 esempi di carità. Avanzando an­cora, vedono anime sedute in terra, l'una


appoggiata alla spalla dell'altra, ricoperte di un cilicio e intese a recitare le litanie dei Santi. Hanno le palpebre cucite da un filo di ferro. Dante e Virgilio, oltrepassato il gruppo degli invidiosi, odono improv­vise voci che gridano 2 esempi di invidia punita.

Dante, appena giunge con Virgilio al terzo girone è rapito in una visione esta­tica, a cui succedono una seconda e una ter/a, nelle quali appaiono 3 esempi di mansuetudine. I due procedono, ma a poco a poco una colonna di fumo, scu­ro come la notte, avanzando verso i due poeti, li ricopre. Mentre Dante va per quel fumo amaro e sozzo, appoggiandosi con le mani sulla spalla di Virgilio, ode voci di anime che camminano nel fumo den­so e soffocante, cantando VAgnus Dei e apprende dal Maestro che sono le anime degli iracondi che espiano il loro peccato. Il fumo si dirada, riappare la luce e Dante rivede il sole ormai vicino al tramonto. In stato di estasi, ha di nuovo delle visioni, con 3 esempi di ira punita.

Il poeta sale con Virgilio al quarto giro­ne dove si purgano gli accidiosi, che cor­rono velocemente e si esortano a vicenda a non perdere tempo, per ripagare l'acci­dioso comportamento che tennero in vita. Alla testa di costoro, due spiriti gridano 2 esempi di sollecitudine. Gli altri spiriti rispondono esortandosi vicendevolnente allo zelo e alla sollecitudine, mentre i 2 esempi gridati rinnovano continuamente il desiderio di purificazione. Quando tutta la schiera è passata, Virgilio indica a Dan­te due spiriti che corrono raggiungendo gli altri, e gridando 2 esempi di accidia punita. Si noti il parallelismo: 2 esempi sono gridati da due spiriti che precedono; 2 gridati da due che seguono. In entrambi

i casi, il primo esempio è tratto dalla Sa­cra Scrittura; il secondo dai classici.

Nel quinto girone Dante vede le anime degli avari e prodighi che, legati mani e piedi, bocconi a terra, sospirando recita­no il versetto del salmo CXVIII: "Adhaesit pavimento anima mea". È il contrappas­so della pena degli avari. Come l'avarizia li spinse a guardare solo ai beni terreni, così ora essi stanno bocconi guardando il suolo; come il loro peccato li tenne legati ai quei beni vani, così ora stanno legati mani e piedi finché piacerà a Dio.

Mentre Dante con Virgilio cammina lungo il girone, sente una delle anime ri­cordare 2 esempi di povertà. Il poeta si avvicina all'anima che sembra aver par­lato, ma ecco che questa ricorda un terzo esempio di liberalità. Gli esempi di po­vertà e liberalità vengono detti da tutte le anime durante il giorno; durante la notte vengono detti 7 esempi di avarizia punita. Gli esempi, come si è accennato, vengo­no detti da tutte le anime, ma a voce più bassa o più alla a seconda dell'intensità del sentimento che li stimola. Se Dante ha sentilo solo una voce è perché in quel mo­mento le altre anime ripetevano gli esem­pi a se stesse, a voce bassa.

Nel quinto girone Dante e Virgilio, men­tre camminano, sono raggiunti da Stazio, poeta latino autore della Tebaide, ormai mondo dai suoi peccati di prodigalità e di accidia e avviato a salire al Paradiso. 1 Ire, Virgilio e Stazio davanti e Dante die­tro, camminano nel sesto girone dei golo­si, quando appare improvvisamente uno strano albero dai cui rami pendono frutti dal profumo soave, ma che, al contrario degli alberi della terra, che verso il piede hanno i rami più lunghi e poi, di mano in mano che si va in su, sempre più corti, sì da formare un cono con la sua base e il suo vertice; quell'albero ha i rami più lunghi alla cima e i più corti al piede. Dai rami dello strano albero esce una voce che ricorda 5 esempi di temperanza. I ire poeti, proseguendo il cammino, giungono presso un altro albero, sotto il quale una moltitudine di spiriti tende invano le mani ai profumati frutti che ne pendono; delu­si però se ne allontanano. Una voce esce


dalle fronde, ammonendo di non avvici­narsi, perché quell'albero trae origine da quello del Paradiso terrestre, il cui frutto fu gustato da Eva. La voce continua, ri­cordando 2 esempi di golosità punita.

Nel settimo girone si purgano i lussu­riosi, avvolti dalle fiamme e arsi da esse, come furono arsi in terra dalla passione. Mentre i poeti camminano in uno stret­to sentiero, sull'orlo esterno del girone, in mezzo alle fiamme viene una schiera di lussuriosi cantando l'inno "Summae Deus clementiae", alternalo con il grido di 3 esempi di castità. Ad un certo pun­to sopraggiunge una seconda schiera di lussuriosi, arrivata da destra a sinistra, in direzione opposta a quella dei poeti e composta di peccatori contro natura. Le due schiere, incontrandosi, si abbraccia­no e baciano scambievolmente. Allonta­natesi, dopo essersi baciate, le anime dei peccatori contro natura gridano 2 esempi di lussuria punita.

I suddetti esempi saranno illustrati da 8 artisti italiani: Laura Barbarini, Mas­simo Campi, Loris Cordenos, Barbara Fragogna, Gabrie Pittarello, Paolo Pro-faizer, Ruggero Savinio e Vincenzo Sco-lamiero.

Le illustrazioni saranno esposte nella mo­stra del prossimo autunno, nelle sale del Castello di Torre de' Passeri, sede della Fondazione Casa di Dante in Abruzzo. Si tratterà di un grande evento cultura­le, perché per la prima volta, in tutta la Storia dell'Arte dell'Occidente, viene alle­stita una mostra con gli esempi dei vizi capitali puniti e di quelli delle virtù oppo­ste premiate, descritti da Dante nel Pur­gatorio. Come con le mostre degli ultimi anni, dedicate rispettivamente alle opere minori di Dante: La Vita nuova, Le Rime extravaganti, La Monarchia; come con la mostra Dante e Ovidio del 2006, dedicata alle fonti ovidiane nella Divina Comme­dia anche con la mostra Dante e il Pur­gatorio dell'anno di grazia 2007, la Casa di Dante in Abruzzo può vantare un altro primato: quello di essere stata "la prima a cogliere per sua gloria la palma di tanto cimento".

 

 

 

 

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6-4-2008