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CULTURAL SHOCK - SHOCK CULTURALE

 

di Delia Socci Skidmore - 2008

 

A tutti coloro che hanno  seguito le mie storielle dei primi tempi in terra straniera ed anche chi non le ha seguite ho voluto riportare uno spunto , un occhiata, dei primi tempi  in terra mai vista. Sapevamo soltanto il nome e ci pareva bello: “ America La Terra Promessa”. Settefrati  50 anni fa era tutto un altra cosa . Non offriva un futuro per i giovani , c’era poco lavoro e spesso solo stagionale. Erano i duri tempi del dopo guerra.

Si apri l’emigrazione e tanti paesetti come il nostro spopolarono da Roma fino alla Sicilia. Come ho detto anche prima queste non sono solo le mie storielle, ma la storia di tante altre ragazze e famiglie che emigrarono per assicurarsi un  futuro che il paesetto non offriva.

Se potete immaginare come ci siamo trovati quando siamo arrivati in America.    

Siamo venuti da tranquilli e ameni paesetti dove si viveva semplicemente. Dove ognuno si conosceva e dove si parlava lo stesso dialetto.

Pochi si erano avventurati aldila' di altri piccoli paesi vicini. Piu' pochi ancora avevano vissuto o visitate grandi citta'.Gli anziani sapevano solo il lavoro dei campi, la casa, la chiesa e la famiglia. Per le stradarelle del paese non passavano macchine.

C'era sola una strada che conduceva fuori del paese e solo pochi fortunati  avevano la macchina. Non c'era nemmeno una STOP sign. Il padrone del negozietto di genere alimentari conosceva tutti i paesani, sapeva quel che volevano quando entravano in negozio e concedeva credito.

Da queste semplici e amene origini siamo arrivati in grande citta' sconosciute, strane per noi , costruite completamente diverse dal nostro paese. E' stato un cambiamento duro, immediato e totale.  Non c'e stato tempo di imparare  le regole anche le piu' semplici.come per esempio rispettare i semafori. O saper comprare un qualsiasi generi alimentari. I supermarket c'erano e ben forniti ma non conoscevamo bene come funzionavano ne' conoscevamo la nuova moneta. Era tutto da imparare e imparare al piu' presto possibile. Chi si trasferisce da una cultura ad un altra subisce uno shock abbastanza notevole che disorienta e riempie di ansia.                         

Allora per immigrati come noi fu introdotta per la prima volata nel 1954 la frase :

                           " Cultural Shock"  -  “Shock Culturale.”

 

Le cose piu' semplici della vita cuotidiana come: segni, orientamenti, dare la mano,espressioni facciali, chiedere direzioni, utilizzare il telefono tutto cio' che avevamo inparato inconsciamente crescendo non avevano senso nella nuova terra. In queste situazioni si creano ansie, frustrazioni, smarrimento. Si avverte un forte senso di perdita di  fiducia in se stessi. Tutto e` percepito e valutato dal punto di vista dell’ambiente di origine, il nuovo si presenta come una intollerabile minaccia.                  

Non importa se uno e' piu' bravo piu`giovane piu` intelligente o meno intelligente dell'altro, la gente reagisce a questi sintomi piu' o meno allo stesso modo. Si riagisce  per primo col rifutare il nuovo ambiente. Poi ci invadono sintomi di tristezza, malinconia, solitudine , preocupazione.Tutte le buone intenzioni che avevamo per integrarsi con altri svaniscono. Subentra, rancore, irribilita' e profondo desiderio di ritornare alla famiglia lasciata, indietro.

Si mette in dubbio la decisione che ci ha spinto ad emigrare idealizzando la perdita del vecchio paese.Ci promettiamo di ritornarci al piu' presto possibile.                               

Sono i parenti e amici venuti prima di noi a capire questi sentimenti che ci invadono avendo anche loro avvertiti gli stessi sintomi prima di noi. I parenti ci tengono compagnia, ci portano a fare visite ad altri parenti e amici, ci accompagnano nei posti che dobbiamo frequentare giornalmente come i supermarket, posti di lavoro, shopping centers, ufficio postale, scuola ecc.....

Col tempo, man mano che ci ambientiamo, ritorna la serenita' e la volonta' di riuscire e di progredire nella nuova terra. Facciamo piani per l’avvenire e spianiamo la via per il resto della famiglia rimasta indietro. 

Ma un pizzico di nostalgia per il paese lontano rimane sempre.

 

Delia Socci Skidmore

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