Dott. Antonio Socci

 

Settefrati come Barga?

 

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In occasione di una gradita visita dei cugini di Viterbo, generale Michele e la moglie Dora, con Donatella ci siamo portati in Garfagnana per meglio conoscere l'Alta Toscana con obbiettivo i luoghi celebrati da Giovanni Pascoli quando, con l'adorata sorella Mariù, risiedeva a Castelvecchio.

Visitammo quindi Barga, il bel paese murato sul culmine di una alta collina alla sinistra del fiume Serchio, che anche recentemente ha allagato il piano pisano d'occidente. Barga...la campana di Barga che il poeta ascoltava dal borgo nascosto.

Pensare al poeta delle cose intime ci prende la tenerezza e la malinconia che infondeva dal suo animo mite alle cose della natura con analitica tecnica, ai suoi tempi moderna, temi poi briosi della vita rurale e del suo mondo: "ultimo Virgilio" lo chiamò d'Annunzio.

Varcata la bella Porta delle antiche mura insieme a frotte di turisti guidati come il pastore guida le sue pecore, ci addentriamo tra le viuzze in salita dalle case belle e severe, vecchie e nuove, e richiamando le nostre ultime forze per arrivare infine sull'acropoli del paese ci toglie il respiro anche la maestosa e quieta pace della bellissima chiesa di S. Cristoforo, dolce e severa semplicità del romanico col bellissimo campanile che sale al cielo azzurro terso della Toscana; grande e imminente la statua lignea di san Cristoforo, stupendo il coro in legno ancora intatto. E da qui la campana di Barga sicuramente colpiva il poeta in Castelvecchio, suscitando riflessioni ed immagini poetiche immortali. Da questo angolo della Toscana, le marmoree Alpi Apuane si stagliano sfolgoranti quasi a

proteggere le pIaghe di Lucca. Appagati dalla bellezza dell'arte e della valle, ci accingiamo a scendere la ripida via e nel mentre ci si domandava a voce alta dove fossero i barghegiani, una fioca voce da una finestra ci soccorse:

sono in Scozia e tornano nelle stagioni più calde; il bel volto dellla vecchia signora ci illuminò e al tempo stesso ci fece pensare a Settefrati, sempre in cima ai nostri pensieri.

Settefrati come Barga, gli americani al posto degli scozzesi?

Vero è ben, Antonio Vitti, anche la speme ultima dea lascia i sepolcri!,

foscolianamente parlando, ma noi abbiamo tutte le possibilità e curiosità per fermare e spezzare la linea demografica avversa, ben sapendo come gli uomini siano refrattari a schematizzazioni e fatalità. Non la speranza, ma la volontà ci sorprende, e quanti esempi sono a dimostrarlo. La volontà di non buttare all'aria il nostro patrimonio storico-religioso, nato nella bellezza e la seduzione dei luoghi, rincorrendo i falsi miti del progresso e del benessere materiale pagati a prezzo di lacrime e di sangue. E' il dramma dell'uomo moderno sotto gli occhi di tutti. Abbiamo già dato tanto. Ci sia di sprone la torre medioevale che risorge dalle sue rovine, simbolo di orgoglio e di lotta! Bando al pessimismo sterile e distruttivo, al pari della retorica emotiva fatua e semplice delle parole e dei ricordi di un passato irripetibile. Rivendichiamo almeno l'energia elettrica prodotta dalle acque del Melfa, ricostruiamo le nostre fonti montane e pubblicizziamo l'incanto delle nostre montagne che si ergono sui 2.000 , il che può portare certamente un indotto prezioso. Questo è il tempo della salvaguardia del territorio e delle bellezze naturali che tanti vengono a godere; ha ragione, eccome , chi ha fatto l'esempio del benessere delle valli alpine che vivono da sempre di questi tesori. ' Vogliamo veramente lasciare ai distratti turisti della domenica le nostre meravigliose piazze e le belle vie, un tempo gremite; e le nostre superbe chiese, lasciare la nostra nobile storia degli Anserici, del Visionario e del Cardinale Anserici? Sì, del Cardinale, rimasto ormai senza luogo di nascita nei testi da un cinquantennio circa. In proposito ricordo l'affermazione di un grande storico di rilievo internazionale, l'emerito prof. Niccolò Rodolìco, al quale fui presentato a Firenze dal rimpianto zio Gaetano di Preta, di cui era un vecchio cliente e ammiratore. Improvvisamente, egli si domandò perché mai la Chiesa Universale disconoscesse i veri natali del cardinale Anserici, collocandolo a Tours, dove invece si recò al fine di avvicinarsi allo studio dell'eresia di Berengario per combatterla: era senz'altro nato nell'oscuro borgo di Settefrati! Una  testimonianza inoppugrabile, inoltre, è la presenza del quadro dell'Anserici con tanto di vesti e berretta porpora nel salotto della signora Enrichetta de Vecchis , che ho visto anche io con i miei occhi da ragazzo e della cui identità mi informò il marito avv. Michele Fanoni ( che, per inciso, da podestà costruì la rete fognaria del nostro paese).

 de Vecchis furono gli eredi del Cardinale, attraverso gli esecutori testamentari nominati dagli ultimi Anserici nella persona di un autorevole componente della antica famiglia Tamburri. Durante la guerra, le ristrettezze economiche di tutti indussero gnora Richetta de Vecchis* a far collocare il quadro storico di famiglia presso un antiquario di di Napoli ...e da quel momento il cardinale Anserici scomparve per sempre.

Il palazzo degli Anserici era quella dimora, che in quel triste periodo del '44 fu sede del comando del battaglione Alpen Jager Baden e per questo alla ritirate delle forze germaniche fu minato e fatto saltare; rimane il tronco della casa di Vannuccia, la cui madre era una de Vecchis.

Non sono questi due episodi personali una prova sicura?

Certamente un mio contemporaneo avrà saputo di quel quadro.

E della nostra bianca Santa Maria di Canneto che ne sarà?

Resterà per sempre in paese, come voleva qualcuno negli anni sessanta, con l'attributo di "Madonnina degli emigrati" fermata il 18 agosto alla chiesa delle Grazie?

Il grande vescovo Angelo Musto alla fine tagliò corto e ristabilì la tradizione.

Per questo va reso onore e grazie a don Antonio Molle tornato a quella tradizione secolare, dando così alla processione fra i monti la bellezza e il fascino di sempre e alle Feste d'agosto la sua originalita`.

La campana di Settefrati suonerà sempre, si diffonderà come rondini in volo nel Comino e non ci dira` mai che è tardi, che è sera, che è l'ora della fine.

 

Settefrati non sara` Barga .

 

Dott. Antonio Socci

* famosa la traslazione di nomi che fece una bimba quando, inviata dalla madre a prendere dalla de Vecchis una ricotta le disse: gnora Ricò, la tié ' na richetta?,  

 

Giovanni Pascoli

L'ora di Barga

Da "I Canti di Castelvecchio"


Al mio cantuccio, donde non sento
se non le reste brusir del grano,
il suon dell'ore viene col vento
dal non veduto borgo montano:
suono che uguale, che blando cade,
come una voce che persuade.
Tu dici, E` l'ora; tu dici, E` tardi,
voce che cadi blanda dal cielo.
Ma un poco ancora lascia che guardi
l'albero, il ragno, l'ape, lo stelo,
cose ch'han molti secoli o un anno
o un'ora, e quelle nubi che vanno.
Lasciami immoto qui rimanere
fra tanto moto d'ale e di fronde;
e udire il gallo che da un podere
chiama, e da un altro l'altro risponde,
e, quando altrove l'anima è fissa,
gli strilli d'una cincia che rissa.
E suona ancora l'ora, e mi manda
prima un suo grido di meraviglia
tinnulo, e quindi con la sua blanda
voce di prima parla e consiglia,
e grave grave grave m'incuora:
mi dice, E` tardi; mi dice, E` l'ora.
Tu vuoi che pensi dunque al ritorno,
voce che cadi blanda dal cielo!
Ma bello è questo poco di giorno
che mi traluce come da un velo!
Lo so ch'è l'ora, lo so ch'è tardi;
ma un poco ancora lascia che guardi.
Lascia che guardi dentro il mio cuore,
lascia ch'io viva del mio passato;
se c'è sul bronco sempre quel fiore,
s'io trovi un bacio che non ho dato!
Nel mio cantuccio d'ombra romita
lascia ch'io pianga su la mia vita!
E suona ancora l'ora, e mi squilla
due volte un grido quasi di cruccio,
e poi, tornata blanda e tranquilla,
mi persuade nel mio cantuccio:
è tardi! è l'ora! Sì, ritorniamo
dove son quelli ch'amano ed amo.